Il digitale non è per tutti. O forse sì?

Una delle obiezioni che fanno coloro con i quali parlo di trasformazione digitale è che vendono prodotti fisici. Quale trasformazione digitale ci potrà mai essere?

Come ho detto altre volte in precedenza il processo di trasformazione digitale è innanzitutto un cambio di paradigma culturale.

Il digitale non è nel prodotto. È nella cultura.

Come tale non tocca necessariamente ciò che produciamo, ma tocca profondamente il “come” lo facciamo.

Tocca solo parzialmente l’esperienza che vogliamo far provare al cliente finale. Ma si lega profondamente al modo in cui progettiamo, realizziamo e proponiamo il valore che creiamo.

Non esiste una ricetta valida per tutti.

Se il prodotto è fisico la trasformazione può avvenire nella linea produttiva o nel modo in cui lo progetti, lo testi e lo validi. Puoi lavorare all’interno e considerare come “clienti” gli stakeholders della catena di produzione del valore  e vedere come migliorare le loro performance grazie ad una maggiore attenzione agli strumenti usati, ai processi, alle procedure e alla cultura aziendale.

Il “prodotto” potrebbe essere la linea produttiva stessa. Anziché misurare l’aumento di fatturato come fattore guida si possono cercare altri indicatori, più adatti a rappresentare le migliorie: il risparmio realizzato, la diminuzione del tempo necessario per la produzione o la facilità di adozione dei macchinari o di comprensione delle procedure aziendali.

È importante progettare guidati dal feedback degli utenti. Per questo è bene introdurre progressivamente piccoli cambiamenti, vedere come va, capire cosa funziona meglio e pensare alle successive modifiche sulla base delle evidenze, coinvolgendo coloro che ne sono stati interessati.

Guardando più verso l’esterno. È possibile cambiare l’interazione con il cliente sia con il prodotto stesso, che con l’azienda o con il relativo brand. L’ideale sarebbe riuscire a far penetrare l’interazione con il cliente finale il più profondamente possibile nel tessuto aziendale, in modo che il feedback sia diretto, riconosciuto e riconoscibile.

Per trovare fonti di ispirazione su come sta cambiando il processo di vendita possiamo considerare il nostro modo di acquistare beni più o meno durevoli.

Molto spesso, quando sentiamo il bisogno di acquistare un nuovo oggetto (magari anche un’autovettura), iniziamo a cercare informazioni da fonti di cui ci fidiamo (amici) o che hanno fama di essere affidabili (siti web).

Cerchiamo di confrontare le caratteristiche tra prodotti analoghi per vedere quali soddisfano meglio le nostre esigenze, magari imparando cose nuove e valutando se ci sono funzionalità utili che non avevamo considerato.

Confrontiamo i prezzi e cerchiamo di farci un’idea del rapporto qualità/prezzo.

Quindi andiamo a vedere l’oggetto fisicamente, per toccarlo e capire quali sensazioni ci fa provare, se soddisfa le nostre aspettative.

In questo senso il negozio fisico funge spesso da “showroom” e le emozioni che scatena in noi sono determinanti. Il commesso che ci segue e consiglia assume quindi un ruolo determinante nella decisione.

Torniamo quindi online per confermare le nostre opinioni e spesso per completare l’acquisto.

Se esiste una comunità di persone è probabile che ci uniamo per rassicurarci che il nostro acquisto è giusto e trarre il massimo dalle possibilità che può offrire.

Cerchi online, provi in negozio, acquisti online, usi on-life.

L’azienda quindi può sfruttare tutti questi momenti per prolungare il più possibile e rendere piacevole la relazione che il cliente o il potenziale cliente ha con il proprio brand.

Deve può inoltre cercare di fare in modo che il maggior numero di questi passaggi del customer journey ricadano in canali su cui ha influenza. In questo modo ha orecchie per captare l’umore relativo ai suoi prodotti e voce per influenzare le opinioni.

Quando si crea un nuovo spazio costituito da elementi del mondo fisico e del mondo digitale si parla di “phygital” dalla fusione delle parole physical e digital: l’inizio e la conclusione dell’interazione non coincidono più con l’inizio e la conclusione del suo utilizzo fisico.

Il phygital è quindi una sapiente commistione tra digitale e reale per creare e prolungare l’esperienza, raggiungere luoghi e persone distanti con costi inferiori.

Ci sono quindi molti modi per abbracciare la trasformazione digitale, ma non tutti sono adatti a tutti è un percorso che va studiato e pianificato su misura in base agli obiettivi e alla strategia dell’azienda.

Parliamo di phygital nel corso che sarà disponibile a partire dal 14 ottobre dal titolo “Digital Mindset“.