PNRR: 3 critiche su cui lavorare

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L’ho detto più e più volte: il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, finanziato dall’Unione Europea e dal Governo italiano con oltre 200 miliardi di euro, è un’occasione unica e irripetibile che il nostro Paese deve cogliere e sfruttare al meglio!

Bene, ma al di là delle dichiarazioni d’intenti cosa sta succedendo in questi primi mesi di attività del mastodontico sistema messo in piedi per gestire ed erogare queste risorse?

Quanti miliardi abbiamo già utilizzato? Quali progetti sono partiti? La ripresa economica sarà sostenibile? Le grandi riforme annunciate si potranno completare in maniera efficace? Ma poi, in fondo, quali ricadute ne avranno cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni?

Tante domande e poche risposte. Sì, perché la macchina del PNRR con le sue priorità, missioni, riforme, si propone di finanziare migliaia di progetti lungo la penisola ma, al momento, pecca ancora di alcune mancanze importanti.

Mi permetto di elencarne tre, che io considero le più gravi, invitando chi lo desidera e ne ha le competenze ad arricchire la riflessione e stimolare il confronto.

La prima, lamentata da tecnici, operatori del settore e funzionari, è quella relativa all’adozione e pubblicazione di un calendario dei bandi inerenti il PNRR. Conosciamo il Piano Nazionale, ci sono noti i suoi contenuti, sappiamo cosa finanzierà, ma quanto sarebbe utile per tutti avere a disposizione lo scadenziario 2021-2026 con le date di apertura di ogni invito.

Ciò consentirebbe ai potenziali beneficiari che desiderano partecipare alle gare di programmare un lavoro di progettazione più efficace e accurato, di elaborare una visione strategica di sviluppo integrato e di impiegare in maniera più razionale le risorse disponibili.

La seconda si riferisce proprio alle risorse umane scarse a disposizione in particolare degli enti pubblici, tra i destinatari principali delle risorse del PNRR. Il Piano ha sì previsto l’assunzione di professionisti da inserire nella P.A. e negli enti locali come rinforzo per la ciclopica impresa di gestirne il funzionamento ma ha sottovalutato due elementi: in Italia sono circa 13.000 le amministrazioni pubbliche che impiegano nel complesso quasi 3,5 milioni di persone.

Un universo che difficilmente potrà essere intaccato dall’inserimento pro-tempore di poche risorse che, seppur di alto profilo, dovranno confrontarsi con procedure e modalità operative poco performanti. Come superare questo impasse culturale? Realizzando finalmente la radicale riforma del pubblico impiego da tempo ventilata e mai conclusa, con l’adozione di standard di qualità delle competenze e dei risultati a tutti i livelli organizzativi.

Da ultimo, la terza ma non meno importante carenza: la mancata previsione di uno strumento di valutazione dell’efficacia dei finanziamenti utilizzati.

Al momento, l’unico indicatore applicato è quello relativo all’adozione degli strumenti normativi che regolano una data materia e all’erogazione delle risorse disponibili. Ciò significa che l’approvazione di testi di legge e la distribuzione di risorse economiche sono di per sé sufficienti a mettermi la coscienza in pace circa il raggiungimento dell’obiettivo dichiarato senza obbligarmi ad indagare sull’effettiva applicazione della norma e sui risultati concreti conseguenti all’investimento. Ma è possibile individuare indicatori di risultato obiettivi? Secondo me, sì.

Atteggiamento disfattista? Nient’affatto! Sono convinto che il Piano avviato dal Governo italiano sia buono ma perfettibile e questo cammino di miglioramento è praticabile solo con la partecipazione responsabile di tutti, ognuno secondo il proprio ruolo, la capacità di correggere e la disponibilità a cambiare. Così il PNRR marcherà veramente l’avvio di un nuovo Rinascimento!